I disastri ambientali, le guerre e i conflitti, la pandemia e l’emergenza sanitaria: l’ingiustizia della fame nel mondo è aggravata dalle altre emergenze che pesano sulle condizioni di vita di chi incontriamo ogni giorno. Sono in aumento le famiglie e le persone a cui mancano pane, assistenza, lavoro, ma anche e soprattutto considerazione, ascolto e il calore di quelle relazioni che ridanno dignità a una vita nella povertà.
Noi restiamo presenti in tutto il mondo per rispondere a chi ci chiede aiuto.
Persone nel mondo
che soffrono la fame
(Fao 2022)
Persone che soffrono di insicurezza
alimentare moderata o grave
(Fao 2022)
Bambini malnutriti
al di sotto dei 5 anni
(Fao 2022)
Progetti nel mondo
Paesi in cui viviamo
Mense e Centri nutrizionali
Realtà di accoglienza
Progetti nel mondo
Paesi in cui viviamo
Mense e Centri nutrizionali
Realtà di accoglienza
Ogni giorno distribuiamo pasti e generi alimentari nelle nostre mense, centri nutrizionali e case di accoglienza. L’emergenza alla quale rispondere è la fame e ogni posto a tavola è, per chi accogliamo, la possibilità di dire: “oggi ho mangiato, oggi non ho sofferto la fame”. Ci prendiamo cura di bambini in forte stato di malnutrizione, li visitiamo regolarmente dando anche supporto alle madri che seguono percorsi di educazione alimentare.
La prima volta che sono entrato nella mensa qui a Santiago del Cile avevo la bottiglia in mano, puzzavo di sporco e di alcol. Quel giorno ho appoggiato la bottiglia e ho mangiato un pasto caldo. Dopo tanti anni sono ancora qui, ma ora in cucina, come cuoco. Prima preparo per gli altri e poi mi siedo a mangiare con loro. Il salario che ricevo mi permette di affittare una casetta qui vicino. Ripenso a quel pasto caldo e mi dico: “Jorge, questo vuol dire essere felici: ricevere una seconda possibilità”.
Ci prendiamo cura delle persone che non ce la fanno da sole perché fragili nel corpo e nella mente, rispondendo ad ognuno con azioni concrete. Nelle nostre realtà ospitiamo chi ha problemi di dipendenza, persone con disabilità psichiche e fisiche e accogliamo nelle nostre case chi non ha un luogo sicuro in cui vivere offrendo anche aiuto per far fronte alle spese mediche.
Maruf ha la sindrome di Down. L’abbiamo trovato denutrito e sporco fuori della stazione mentre chiedeva l’elemosina. Scappava spesso di casa dove i nonni non riuscivano a prendersi cura di lui. L’abbiamo subito portato in una delle nostre case, un luogo sicuro dove potesse essere considerato un bambino e non un peso per la società. Temevamo che sarebbe scappato di nuovo invece Maruf non ha mai cercato di fuggire, forse perché per la prima volta si è sentito a casa, amato e protetto.
L’educazione è una delle chiavi per abbattere le ingiustizie sociali, per questo cerchiamo di incoraggiare e agevolare il percorso scolastico dei piccoli che accogliamo dando la merenda e il pranzo, spesso gli unici loro pasti della loro giornata. Creiamo progetti specifici per i ragazzi di strada o provenienti da famiglie in difficoltà, così come per i bambini con disabilità. Sosteniamo anche le famiglie nelle spese legate all’istruzione dei figli e forniamo il materiale scolastico necessario.
Sono Ester e vivo con i miei nonni e i miei 6 fratelli in una capanna di fango. La nonna è malata e i lavoretti che fa il nonno non bastano a mantenerci. Per questo ho lasciato la scuola e sono andata in strada. Lucidando i copertoni delle auto con zucchero e acqua guadagnavo 10 kwacha (equivalente di 1 €) con cui compravo cibo per tutti. Poi ho incontrato le persone della Comunità… Oggi vado a scuola e mangio due volte al giorno. Oggi sono tornata bambina.
Nelle nostre realtà le persone che si siedono a tavola con noi svolgono laboratori ricreativi e corsi di formazione professionale. Creiamo programmi specifici anche per persone con disabilità, spesso ancora discriminate e tenute ai margini. Cerchiamo di valorizzare le attitudini e le abilità di ognuno affinché possano inserirsi nel mondo del lavoro e, soprattutto, raggiungere una piena autonomia e realizzazione personale.
Le mani mi fanno un po’ male, sapete è faticoso usare il telaio e dopo alcune ore la stoffa grezza inizia a graffiare la pelle, ma io sono felice. Mi chiamo Ebi, vengo dall’Albania e sono tante le difficoltà che ho dovuto affrontare da sola con mio figlio, alla ricerca di cibo per sfamarlo, di una forza d’animo che ho poi ritrovato grazie alle persone che mi hanno aiutato e insegnato questo lavoro. I colori, le stoffe, i tessuti hanno salvato la mia vita e quella di tante altre donne come me. È a questo lavoro che ci siamo aggrappate e con tutte le nostre forze risollevate, per noi stesse e per le nostre famiglie.
Ogni giorno, da 30 anni, ci prendiamo cura delle persone senza fissa dimora e dei nuovi poveri che incontriamo, dando loro il pasto e tutto il necessario per ricostruire la propria vita.
